lunedì, marzo 12, 2007

Le Rotte del Guà





Ad Arzignano tutti sanno dell'esistenza delle Rotte del Guà, ma la conoscenza dell'area per la maggior parte dei cittadini si limita a quanto si può vedere dal ponte delle Tezze. Soltanto negli ultimi 2-3 anni la realizzazione della rete delle piste ciclabili ha portato molte persone a scoprire la ricchezza paesaggistica enaturalistica dell'area. Si tratta di un grande invaso di circa 100 ettari di superficie, formatosi in seguito alla rottura degli argini del Guà, donde il nome "Rotte", rovinosamente avvenuta nei primi anni del '900. L'acqua invase la pianura circostante e ricoperse il terreno di una coltre di detriti alluvionali. Si formò così una naturale "cassa di espansione", sviluppata parte nel territorio del comune di Trissino, parte nel territorio di Arzignano. Nel tempo l'area rimase semi abbandonata e ritrovò il suo equilibrio con la formazione di particolari habitat tutti molto interessanti dal punto di vista naturalistico. In basso un'ampia zona di prati aridi, solo in parte coltivati, poi la grande briglia centrale e sopra un'area umida, il bosco planiziale, le siepi, lo stagno.



In particolare vorremmo fissare l'attenzione sull'area all'interno del comune di Arzignano, sicuramente meno appariscente dell'area di Trissino, ma non meno importante per diversi motivi. Le Rotte si trovano in un contesto agricolo ben conservato, con splendidi filari di gelso che si stagliano sul piano coltivato a seminativo e prato temporaneo. I filari in lontananza lasciano intravedere gli aceri maritati con le viti, come d'antica usanza. Qualche pioppo si staglia e interrompe le precise geometrie degli spazi. La campagna è stretta tra il fiume da un lato, la strada e l'area urbanizzata dall'altro.




All'interno dell'alveo nel tratto arzignanese vi sono pochi alberi. Un bell'esemplare di Prunus spinosa, con la sua esplosione bianca di fiori a segnalare la primavera, ospite di migliaia di api con il loro ronzare laborioso alle prime ore calde di sole. Vi sono poi due grandi pioppi, al centro della prateria, e un filare di gelsi, residuo dell'antica pianura vicino all'argine orografico destro.





Gli argini ospitano cespugli di Pruno selvatico (Prunus spinosa), Biancospino comune (Crataegus monogyna), Rosa selvatica comune (Rosa canina), Fusaria comune (Euonymus europaeus), Corniolo sanguinello (Cornus sanguinea) e qualche sporadico olmo campestre (Ulmus minor) con l'immancabile robinia (Robinia pseudoacacia). La prateria è un trionfo di graminacee, euforbie, leguminose, ombrellifere, che hanno occupato aree localmente più fresche o più aride, a seconda della vicinanza col corso d'acqua o la relativa maggior sopraelevazione. Sono state censite nel corso delle stagioni più di 100 specie vegetali, dalle specie tipiche delle zone umide come Cannuccia di palude (Phragmites australis), Lisca maggiore (Typha latifolia), Carici (Carex sp. pl.), Lisca (Scirpus sp. pl.), Ranuncolo acquatico (Ranunculus aquatilis) fino alle specie tipiche delle praterie aride. Certamente ad occhio non allenato sembra un'unica prateria monotona e informe, quando invece essa ospita una gran verietà di specie, che a loro volta nutrono e ospitano innumerevoli specie di insetti (ortotteri, coleotteri, imenotteri, lepidotteri). Non mancano i mammiferi, con il tasso(Meles meles), il riccio (Erinaceus europaeus), la volpe (Vulpes vulpes), la donnola (Mustela nivalis), la faina (Martes foina) e gli avvistamenti sporadici del capriolo (Capreolus capreolus). Poi gli anfibi e i rettili: Rana verde (Rana esculenta), Raganella italica (Hyla intermedia), Rospo smeraldino (Bufo viridis), Rospo comune (Bufo bufo); Natrice tassellata (Natrix tessellata) e dal collare (Natrix natrix), Saettone (Elaphe longissima), Biacco (Coluber viridiflavus), Lucertola muraiola (Podarcis muralis), Ramarro occidentale (Lacerta bilineata) e Orbettino(Anguis fragilis). Gli animali senz'altro più facili da vedere e da osservare sono gli uccelli, soprattutto nel periodo primaverile e autunnale, quando le migrazioni portano numerose specie a fermarsi qualche ora o qualche giorno o talora a nidificare nascosti nell'erba o tra i cespugli. Si tratta di circa 130 specie, di cui 58 nidificanti, molti Limicoli, Trampolieri, Anitre, Falchi; ricordiamo: Marzaiola (Anas querquedula), Moriglione (Aythya ferina), Alzavola (Anas crecca), Codone (Anas acuta), Totano moro (Tringa erythropus), Pettegola (Tringa totanus), Pantana (Tringa nebularia), Beccaccino (Gallinago gallinago), Piro piro boschereccio (Tringa glareola), Airone cenerino (Ardea cinerea), Nitticora (Nycticorax nycticorax), Airone rosso (Ardea purpurea), Lodolaio (Falco subbuteo), Falco pellegrino(Falco peregrinus), Nibbio bruno(Milvus migrans), ecc.
Per la maggior parte dell'anno il corso è ricco d'acqua e sono presenti pesci come la Sanguinerola (Phoxinus phoxinus) e la Trota fario (Salmo trutta trutta).
Certamente l'area fluviale di Arzignano non va considerata a se stante, ma un continuum con il territorio trissinese dove si trova la parte più grande delle Rotte e senz'altro più suggestiva.


Il Consorzio di bonifica Riviera Berica sta ultimando, per conto del Genio Civile di Vicenza, competente sull'asta fluviale del torrente Agno-Guà, un progetto di intervento sull'intera area con un abbassamento complessivo dell'alveo del fiume di circa 3 metri in media, con il contestuale abbassamento degli argini e l'allargamento degli stessi fino a circa 10 metri di larghezza in taluni punti. I lavori dovrebbero essere svolti nell'arco di 5 anni, con la creazione di tre grandi aree che funzioneranno da casse di espansione e da bacini idrici regolati da briglie filtranti per contenere le ondate di piena e salvaguardare i paesi più a valle, specialmente da Cologna Veneta in giù. Naturalmente c'è la preoccupazione che l'intervento danneggi l'equilibrio che la natura ha raggiunto nell'area, ma i tecnici del consorzio assicurano che verranno prese tutte le precauzioni per tutelare l'ambiente. Intanto all'interno del vecchio alveo, che si può ancora osservare a ridosso dell'argine orografico sinistro, con il vecchio argine rotto e interrotto in più punti, si vedono già i primi scavi, fatti forse per sondare la qualità dei materiali che certamente possono fare gola, trattandosi di milioni di metri cubi di ghiaia ed inerti. Ci auguriamo che la perizia e la saggezza degli uomini almeno in questo caso non siano travolte dal mero interesse economico.
Nel territorio arzignanese le Rotte si uniscono ai vicini "Fossi di Tezze", che a loro volta potranno costituire con l'area del Bosco di Costalta, Villa Salviati e i Boioni di Restena una grande ininterrotta area di interesse naturalistico da preservare, area di sosta e di riproduzione per numerose specie, magari con la realizzazione di un grande parco naturale comunale, polmone verde e patrimonio vivibile per tutta la città.

Villa Montanari-Carlotto in via Busa




Entrando ad Arzignano da Montecchio Maggiore, passato il "ponte della Marelli", si osserva sulla destra un'ampia area agricola rimasta pressoché intatta. Si tratta del complesso agricolo di Villa Montanari-Carlotto, conosciuta anche come Villa La Busa, perchè i campi si trovano in un'area leggermente depressa rispetto ai campi sovrastanti più a nord. Al centro della busa si trova la villa, ricostruita tra il 1676 e il 1704 sui resti di un ancora più antico complesso rurale risalente al 1400. La tenuta presenta seminativi e prati temporanei, circondati da fossi che provvedevano all'irrigazione per sommersione dei campi e dei prati, accompagnati da filari di gelsi e qua e là da pioppi maestosi, di cui rimane qualche traccia nei pochi esemplari rimasti. E' un esempio di paesaggio rurale "nobiliare", legato cioè alla presenza di una ricca famiglia possidente che faceva coltivare la terra raccogliendo tutte le attività agricole negli edifici adiacenti alla villa: la corte con il porticato rustico su due lati, la torre colombara, l'abitazione dei signori, le stalle e gli annessi per le diverse operazioni agricole.







Gli accessi alla villa sono adornati da statue mitologiche in pietra di Vicenza. La suggestione dei luoghi è disturbata soltanto dal rumore della provinciale, a ricordare la lontananza tra il mondo agricolo e il mondo post industriale-tecnologico che su vari fronti tende a travolgere e cancellare inesorabilmente ciò che resta del primo.



mercoledì, marzo 07, 2007

Lo spino di Giuda di Riotorto, la grotta smarrita di S.Zeno, gli stropari e le viti




Lungo la strada che da "Castagna" a Riotorto sale verso le Conche, si incontra al primo tornante un capitello, protetto da uno "Spino di Giuda" di straordinarie dimensioni per la specie. Si tratta di una Gleditsia triacanthos, pianta importata dall'america verso la fine del Settecento, a fare da ornamento a parchi e giardini. E' una pianta spinosa, con foglioline oblunghe e numerose, di colore verde chiaro e gialle in autunno. Passandoci accanto in auto sfugge allo sguardo, essendo in una posizione defilata ma se ci si ferma a guardare si resta stupiti dalla maestosità e dalla forma particolare della specie.



A San Zeno, scendendo da via Del Ballo lungo via delle Fontane, si incontra sulla sinistra un boschetto, lungo il pendio della collina. Il bosco lascia affiorare, sempre più numerosi man mano che si scende, macigni e piccoli salti di roccia calcarea, che si concludono in un piccolo dirupo, con un salto di quattro-cinque metri verso la vicina valletta. I bambini si divertono tra queste rocce a costruire castelli e nascondigli, con rami e frasche raccolti nel bosco. Da ragazzo con gli amici siamo andati a scoprire tra le rocce la presenza di una piccola grotta, che ci risulta essere l'unica grotta naturale di Arzignano: l'ingresso era allora un piccolo passaggio dove si poteva entrare solo strisciando e procedendo carponi con caschetto e lampada al carburo si poteva avanzare per una quindicina di metri, perchè la grotta si chiudeva progressivamente sempre più, andando a finire in una stretta fessura impercorribile. Ieri sono tornato sul luogo, cercando la grotta che credo corrisponda alla "Grotta della Volpe" menzionata da Fernando Zampiva nel suo libro "Valle sconosciuta - Guida alla Natura della Valle del Chiampo". Zampiva tuttavia colloca la grotta a metà strada tra S.Zeno e la Calvarina, vicino a Contrà Marana in un'area in realtà priva di affioramenti calcarei: credo che l'errore si possa spiegare con la presenza nelle vecchie "tavolette" geografiche militari di una "Cà Marana" proprio nei pressi del boschetto che descrivevo prima. In ogni caso non sono riuscito a ritrovare l'ingresso, certo comunque della sua esistenza.
Dov'è finita la grotta smarrita?




Durante l'inverno si riordinano le viti, potando e legando i tralci. Il colore grigio dei boschi lascia brillare il giallo rossiccio dei rami degli stroppari (Salix viminalis), tanto utili per farne legacci da usare nei vigneti. E' un residuo di paesaggio agrario che sopravvive alla modernità, speriamo ancora per molto.

lunedì, marzo 05, 2007

Segan, capolavoro di paesaggio




Il paesaggio è il luogo della sintesi delle attività dell'uomo nell'ambiente naturale. Natura e cultura fuse insieme nel plasmare i luoghi e le forme del territorio. Il Segan è un piccolo capolavoro: forme della natura e coltivazione dei suoli, sapientemente intrecciati quasi a dipingere un quadro. Non ci sono elementi di per sé particolarmente rilevanti, ma il disegno armonioso dei luoghi carezzati dal vento lascia stupiti. Forse le immagini diranno meglio delle parole la piccola ricchezza di cui Arzignano dispone sulla collina del Segan a sud-est della città.